Giovedì 20 settembre in Villa abbiamo accolto circa 30 persone che sono venute a dare una mano a vendemmiare l’uva rossa. È stata una mattinata di lavoro e di festa e per raccontarvela abbiamo chiesto a Paolo, che la vigna l’ha accudita quotidianamente per tutto l’anno, di regalarci la sua storia.

A lui non piace parlare in prima persona: da buon contadino e capo scout preferisce l’esempio alle parole. Quindi abbiamo chiacchierato un po’ assieme provando a rendere in queste righe le impressioni di due anni di lavoro nel verde.

Quando Paolo è arrivato in villa, con l’incarico di occuparsi assieme a Bruno dei quattro ettari di verde, non c’era praticamente nulla di organizzato: gli orti lungo il viale d’ingresso non esistevano (c’erano soltanto degli appezzamenti a sud gestiti da volontari), la vigna era lasciata alla gestione sporadica di un contadino che imbottigliava per sé, il giardino storico era poco valorizzato, con piante pericolanti, arbusti disorganizzati e inserti novecenteschi insignificanti. E in tutto ciò ci si trovava una grande quantità di erba da tagliare, siepi da sistemare, rami da potare… assieme ad arzilli ma attempati volontari, coordinati dal Cavaliere (e generale) Paolino.

Pareva impossibile poter amministrare bene un parco del genere, con le forze a disposizione: renderlo accogliente e produttivo, riuscendo a creare un legame generativo con i volontari decennali che abitavano la villa.

La linfa vitale che ha sostenuto il progetto, ci racconta Paolo, è stata la convinzione (poi diventata consapevolezza) che l’attività all’aria aperta, la manutenzione del verde e la cura delle colture, è uno “sfogo da paura” per i tanti casi di inserimenti lavorativi che la villa ospita: minorenni con disagio personale e famigliare, disoccupati, emarginati sociali, richiedenti asilo… per tutte queste storie “complesse” il lavoro manuale all’aria aperta poteva essere strumento efficace di reinserimento sociale e lavorativo.

Per Paolo non è stato per niente facile: si è trattato di un’esperienza completamente nuova. Da ragazzo di città, laureato in scienze forestali, improvvisarsi agricoltore è stata una sfida: seguire i ritmi delle colture, spesso adeguarsi ad orari non definiti e dipendenti dal meteo e dalle emergenze, ascoltare i tempi e le esigenze dei vegetali. Il metodo è stato quello dell’imparare lavorando, accettando i tanti consigli degli abitanti e sostenendo anche colorite discussioni sulla metodologia operativa. “Sono stati anni faticosi, mentalmente più che fisicamente, non sempre era chiaro dove stavamo andando e se la strada era giusta. Per fortuna lo spirito era molto positivo, e le difficoltà agricole venivano compensate da soddisfazioni tangibili dal punto di vista educativo”.

E nonostante la fatica, Paolo è sempre rimasto affascinato dalla bellezza del luogo. “È pazzesco per me arrivare in bicicletta dal centro e in poche pedalate giungere in un parco gigante con orti e vigna. Tutto aperto ed a disposizione di tutti, con questi alberi enormi, in mezzo alla città. Ogni volta che ci penso mi pare paradossale”. E questa bellezza ha colpito tanti; tante persone che Paolo ha incontrato e con cui sono iniziate collaborazioni sempre più generative: “abbiamo imparato la cultura contadina, il valore dello scambio reciproco spesso più incentrato sul baratto che sulla vendita, l’attenzione alla produzione locale”. E tra i tanti “nuovi” amici sicuramente importante è la relazione creata con Contrà Soarda che adesso ci segue con professionalità nel gestire il vigneto e produrre il nostro vino “di vite in vite”.

Arriviamo quindi alla vendemmia di quest’anno: una giornata meravigliosa che a Paolo è davvero rimasta nel cuore: “è stata più una festa che un lavoro… proprio come te la immagini quando te la raccontano i nonni… è stato come se avessi partecipato agli eventi di una volta, con gente molto diversa: bambini, adulti, anziani, gente da tutta Italia, e poi l’arrivo degli ospiti del centro Le Carubine e dei loro educatori, il carretto pieno di salame e sottaceti, formaggio e vino rosso: una convivialità bellissima”. E ricorda sempre Paolo, con un velo di malinconia: “ho sentito proprio forte l’eredità di Paolino… è lui che ci ha insegnato l’attività agricola come momento di festa, e il fatto che la cura quotidiana del verde, prima che necessaria, utile, importante, sia qualcosa di bello”. Paolino non c’era; per la prima volta abbiamo vendemmiato senza di lui. Ma siamo convinti che, dal cielo colorato dove instancabilmente starà insegnando agli angeli a volare, abbia sorriso vedendoci quaggiù così tanti e indaffarati.

Paolo terminerà a ottobre il suo lavoro nel verde. “Un po’ mi spiace andare via adesso, che anche l’aspetto agricolo comincia a funzionare bene… abbiamo costruito delle basi ed è bello vedere che rispetto al caos di due anni fa ora ci sia un bel progetto e una bella squadra”; però subito sottolinea “esco dalla porta e rientro dalla finestra”. Si occuperà infatti dell’attività ricettiva di Luoghi Comuni, che sarà un altro modo di coinvolgere situazioni vulnerabili in inserimenti lavorativi e far conoscere la Villa a sempre più persone.

“E comunque”, finisce Paolo “vi aspetto la prossima settimana per la vendemmia dell’uva bianca”.

Tommaso